
Premessa obbligatoria
Questo articolo è tratto dalla rivista ANNABELLA del 28 ottobre 1965 ma è stato da me, in misura parziale, integrato con parole che possono essere difformi rispetto a quelle che furono pubblicate all’epoca.
Per questo motivo, qualunque riproduzione che fosse fatta delle parole da me usate, con qualunque mezzo, senza il mio consenso è da ritenersi illecita e mi costringerebbe a intraprendere azioni volte alla tutela dei miei diritti.
--------------------------------
TENCO: UN GATTO
Diffidente, riservato con gli sconosciuti, un po’ indolente, imprevedibile, poco fedele. Il suo ritratto somiglia a quello di un felino. Luigi Tenco è uno dei nostri cantautori più seri e intelligenti.
Luigi Tenco, di professione cantautore. Riservato, silenzioso, bene educato. Non parla di sé, della sua vita privata, dei suoi amori. Lo abbiamo visto in televisione, nella “Comare”, in “Musica Hotel”, in “Un giorno a Pallanza”, in “Trentatré giri”, tutti conosciamo “Mi sono innamorato di te”, “Angela”, “Il mio sogno” alcune delle canzoni più note; tutti lo abbiamo sentito nel “Canzoniere di Giorgio Gaber” in una riedizione, con testo suo, di un canto popolare (“Babbo non vuole, la mamma nemmeno”) già reso celebre da Ciaikowski nel “Capriccio Italiano”; tutti lo abbiamo visto nel film “La cuccagna”.
Lo abbiamo visto, lo abbiamo sentito, abbiamo letto articoli, biografie, critiche sul suo conto. Risultato: non lo conosciamo.
“Qualcuno è riuscito a dare di Lei un ritratto fedele?” gli ho chiesto. Tenco non dice né sì, né no, senza prima avere dimostrato che è sì, o che è no.
“Vede. Un giornalista mi incontra, parla con me, mi ascolta. Si fa un concetto particolare e mi inquadra in un determinato cliché. Tutti gli altri che dopo di lui vengono da me, volutamente o no, ricalcanno il personaggio così come il primo lo tracciò. Ognuno di noi deve essere “definito”. Io sono stato definito “malinconico, solitario, arrabbiato, scontento, infelice”; andando avanti, altre impressioni di altri giornalisti si aggiungono alle prime. Ne esce un personaggio talmente strano, da essere quasi inumano. Ma sa, l’idea che si dà di una persona, di un cantante o di un attore, non deve per forza rispondere completamente alla realtà; basta che sia attendibile, per essere valida.”
“Nel suo caso?”
“Oh, nel mio caso è appunto così: attendibile ma non valida, o almeno non completamente valida. Ma, lei mi capisce, non posso passare tutta la vita a dire “non sono quello che sembro”. C’è una attrice che ha la faccia di ragazza un po’ leggerina, un po’ vuota, un po’ picchiatella. Viene imposta come tale e, secondo me, deve rassegnarsi. Non può perdere il suo tempo a dire, anche se è vero, che una è la faccia e un’altra è l’anima. Non può soffermarsi troppo nel tentativo di dimostrare che non è una leggerina, ma un angioletto, che è originale come tutte le persone intelligenti, e non picchiatella; che non è vuota, ma soltanto poco propensa a dare ai fatti della vita maggiore importanza di quanta in realtà non ne meritino. Deve adattarsi. In fondo non importa tanto la definizione giusta, quanto la definizione efficace. Io, per me, non l’ho mai voluta cercare. Ecco perché il mio profilo, così come è stato fatto, è piuttosto falso.”
“Perché, lei come lo farebbe, questo suo ritratto?”
“Non lo farei. E’ tempo perso. O crede che se lo facessi potrei uscire da quel cliché in cui sono stato immesso a viva forza?”
“Come cantante può dare un giudizio di se stesso?”
“Qui, forse, mi torna meno difficile accettare il parere dei critici. E’ un parere lusinghiero. Poi, vede, sarò un po’ presuntuoso, ma nel mondo della musica leggera, accanto a tanta gente brava ci sono tali buffoni…Alludo, ad esempio, a certi “imitatori”. Vorrei conoscere personalmente uno di quelli che dicono: “Io imito Celentano”. Lo vorrei conoscere per sapere che genere di ragionamento fa. “Io sono come Caio, mi vesto come Caio, mi pettino come Caio, per questo sono bravo come Caio”. Non capisce che non fa altro che procurare a Caio dei gran soldi, e basta. Ma dove ce l’ha l’amor proprio, l’orgoglio, certa gente?”
“Senta, Tenco. Io ho letto in poche ore tutti gli articoli che parlano di lei. Mi sono fatto una cultura, in proposito. So tutto anche sulle sue donne.”
“Le mie donne?”
“Sì, Marisa Solinas, per esempio.”
“Io non la conosco nemmeno. Un giorno mi chiamò un fotografo, mi disse che dovevo posare vicino ad un’attrice, io mi misi in posa, lui scattò una fila di fotografie, e qualche tempo dopo vidi il risultato sui giornali. “Tenco fa le sue canzoni ispirandosi a Marisa”; “Tenco e Marisa si amano fin dalla culla”, “Tenco e Marisa….”. Ma stiamo scherzando?”
“Ma lei non smentì?”
“Smentire che cosa? E a che serve?”
“Poi c’è la storia di Ursula, la ragazza tedesca, divorziata, innamorata di lei a prima vista, l’unico sogno della sua vita, gli studi interrotti per Ursula.”
“Buffonate. Invenzioni.”
“Lei non smentì.”
“E già. Ma io non sono Filippo di Edimburgo. Le cose che si dicono di me su un giornale si dimenticano appena voltata la pagina. Ma non è che io sia un tipo senza reazioni. La mia reazione è questa. Non bado a nulla. Ciascuno reagisce a modo suo.”
Tutto inventato, nei minimi particolari, dice Tenco. E spiega: “Quando avrà occasione di leggere un articolo sul mio conto, e viene a sapere, anche tra le virgolette, che io ho dichiarato d’amare Tizia, o Sempronia, non ci creda. Tutto ciò che è stato scritto sulla mia vita intima sono bugie. Io sono la fonte delle notizia sulla mia vita privata. Giuro che non ho mai detto nulla a nessuno.”
“E pensare che io volevo chiederle se è vero che fra lei e Gino Paoli esiste una specie di gara d’amore permanente, nel senso che vi contendete le donne.”
“Toh, non lo sapevo.”
“Ed è vero che Gino Paoli ha dichiarato che lei non sa guidare l’automobile?”
“Penso che sia stato inventato tutto per amore del paradosso. Ma del resto che colpa ne ha, Gino, dei suoi incidenti automobilistici?”
“Dicono anche che lei è l’unica persona che conosce la verità sul famoso colpo di pistola di Paoli.”
Tenco dice di no. No, no, no. “Possono dire e scrivere tutto sul mio conto. Che amo alla follia Renata Monteduro, che sono arrivato quarto al Giro d’Italia, che vado in brodo di giuggiole per la voce di Claudia Cardinale, che il mio tipo di donna ideale dovrebbe avere il volto di Gabriella Farinon e la voce di Claudia. Lo hanno scritto. E non l’ho smentito.”
“A parte”, dico, “che Gabriella Farinon se avesse avuto la voce di C.C. sarebbe già stata licenziata dalla televisione, qual è, secondo lei, il tipo di donna ideale?”
“Non c’è, o dipende dai momenti. Ora risponde al mio senso estetico il tipo Jane Fonda.”
“Non mi ha detto se ha interrotto i suoi studi per amore.”
“Ma è chiaro. Ho frequentato il liceo scientifico, poi mi sono iscritto all’università, in scienze politiche. In casa mi dicevano di non distrarmi con le canzoni, altrimenti mi sarebbe passata la voglia. E io a insistere che la voglia di studiare c’è o non c’è. Avevano ragione loro. Interruppi gli studi. Per amore, anzi per poco amore….”
“In fondo, a ventisei anni potrebbe anche riprendere.”
“A ventisette. Ma sa, non sono un tipo tedesco. C’è chi a 96 anni studia l’ebraico, a centodue comincia a correre in bicicletta, a centodieci studia a memoria la “Divina Commedia”. Non sono imparentati con me.”
“Lei crede che la prima impressione, incontrando una persona, sia quella valida?”
“In genere sì, non mi sono mai sbagliato. Le dirò che per me le migliori persone sono quelle che, viste, suggeriscono un giudizio che poi corrisponde alla realtà. Gli altri sono degli ibridi. Se uno ha un carattere ben preciso si capisce subito.”
“Ma lei è timido veramente, come dicono? A me non pare.”
“Hanno detto anche questo. Non è vero. E’ una delle tante cose non vere scritte sul mio conto. Non sono nemmeno un tipo complicato; anzi. Eppure si è tentato di tutto; c’è chi mi ha definito “un altro Gino Paoli”, chi ha detto che sono il “Jean Belmondo italiano”, il “James Dean di Alessandria”. Niente. E poi vorrei sapere che nesso ci sia fra Belmondo, Paoli e James Dean. Siamo nel campo del contorsionismo. A un certo momento non si capisce più chi sia, uno, a furia di farlo somigliare a tanti altri.”
Forse Luigi Tenco ha capito che è meglio lasciar dire; è anche più conveniente. Il pubblico, secondo i suoi gusti, vede in lui un Paoli, un Dean, un Belmondo; oppure un timido bisognoso di una mano per vincere le difficoltà della vita, ed è spinto alla tenerezza; o un malinconico che preferisce la solitudine e quindi sente di volergli bene come se ne vuole a un infelice; oppure uno scontento della vita, e si immedesima in lui, perché non c’è nessuno che, al giorno d’oggi, non si senta, almeno per un ora al giorno, un po’ scontento, un po’ malinconico, un po’ amante della solitudine.
Sono rimasto con Tenco per tre ore filate. Ha parlato più lui (chiuso, riservato finché si vuole) di me. E ho assodato che non è un triste, come vorrebbero i suoi biografi e come suggerirebbe il suo volto, ma soltanto un ragazzo serio che ha bisogno di incoraggiamento per “legare” con l’interlocutore; che non è un timido, perché se lo fosse sarebbe nello stesso tempo il più grande attore dei giorni nostri, dato che l’avrebbe magnificamente nascosto; che non è uno “scontento” in quanto riesce anzi ad accontentarsi di ciò che la vita gli dà tenendosi quasi appartato dal mondo della canzone e del cinema; vive a Recco, non cerca il lavoro né a Milano né a Cinecittà, ma è il lavoro che cerca lui. Che non è un infelice, in quanto trova soddisfazione nel lavoro e in tutto ciò che la vita può dare a un giovane di ventisette anni come lui. Non ha un amore? Non pensa al matrimonio? Non ha romanzetti sentimentali? Non li ha, soltanto perché non li dichiara. “Può esistere un tipo che non vuole dire niente di sé?”, chiede. Può esistere, ed è lui. Le sue cose le tiene per sé.
IL SUO HOBBY: CANTARE E RECITARE
“Ma a chi si ispira per le sue belle canzoni d’amore?”
“A fatti, sensazioni, persone: alla signorina X, o alla signora Y. Fatti miei.”
Non ha amici, amici nella comune accezione del termine. Gli piace uscire con persone che siano capaci di fargli fare quattro risate, dice. Non è un cupo, un malinconico, un triste. Gli piacciono, dice, le persone “leggere”, senza pensieri, senza preoccupazioni, capaci di prendere la vita come va presa. Gli piace chi non lo angustia con le sue preoccupazioni e chi non gli chiede dei suoi problemi.
“Eppure, vede, uno in Italia ha la ventura di scrivere due canzoni, e il giorno dopo gli fanno il ritratto, secondo un’impressione vaga, addirittura epidermica. “E’ un cantautore impegnato”. Macché impegnato. Sono un cantautore e basta. Il termine “impegnato” implica poi, per i biografi, tutta una serie di qualità annesse per cui saltan fuori tutti quegli aggettivi che ti dipingono come un individuo originale, scostante, presuntuoso; quando non addirittura non fa pensare, tutto ciò, a un misantropo, o a un individuo al quale ci si possa avvicinare soltanto dopo aver letto tutto Kafka, tutto Kant, tutto quello-che-volete-voi. La gente si figura che Luigi Tenco, quando è in casa, viva da uomo “impegnato” e invece egli è là che legge i fumetti, Diabolik, Satanik, Topolino e Paperon dei Paperoni. Io, parola d’onore, leggo i fumetti. E non sono sempre triste, non sono sempre zitto, non sono sempre intento a imparare o a creare”
E’ un ragazzo normale. Le solite domande, anche frivole, che si fanno per scoprire la personalità dell’interrvistato, non servono con lui. Servono poco anche con gli altri, perché ciascuno si sforza di trovare l’angolatura che ne metta in risalto l’humor, o la falsa semplicità, o la finta cultura. Con Tenco il giochetto non funziona. “La più bella giornata della sua vita?”. “Non so. Non esiste un misuratore della felicità”. “Se potesse tornare indietro che cosa non farebbe di ciò che ha fatto e che cosa farebbe di ciò che non ha fatto?”. “E’ una domanda che in termini pratici non ci si può porre”. “Ha un hobby?”. “Sì, la musica leggera e il cinema”.
Il lavoro, per lui, è un hobby. Non è il segreto della felicità? E non basta, questo, per smentire che Tenco sia un ragazzo inquieto, triste, insoddisfatto? Egli rifugge anche dalla qualifica di “pensatore”, di “intellettuale”. “Se avessi voluto occuparmi di problemi altamente intellettuali o filosofici”, dice, “non lo avrei fatto certo incidendo dei 45 giri”. Si rifiuta di dire quale sia la donna più affascinante che abbia mai incontrato. “Il termine affascinante, com’è inteso comunemente, non lo concepisco. Se non esiste un interesse affettivo trovo che il fascino non faccia presa.” Tenco ritiene che Mina sia il più grande personaggio della musica leggera italiana, predilige il genere dei Bindi, Paoli, Endrigo (il suo preferito), al quale egli pure appartiene, pensa che fra i “nuovi” cantanti ci sia una caterva di “negati”. I Beatles, per lui, sono semplicemente dei “drittoni”. La musica leggera italiana (quella moderna) non ha presa all’estero solo perché non vi è nulla di originale, dice Tenco. I cantautori e gli urlatori sono portati a fare ciò che in Francia e in America qualcuno ha fatto molto prima di loro. Fra una canzone bella e stupida e una brutta e intelligente, per passare una serata diversa dalle altre, Tenco preferisce quella bella e stupida. E’ meno impegnativa, dice.
E quello sarebbe un ragazzo “strano”? E’ uno come ce ne sono tanti che gli somigliano. Egli è riservato (con chi non conosce), amante della vita, imprevedibile e confidente, nemico dei pettegolezzi, della capacità di sopravvivere, non è molto fedele, e lo dichiara, è un accanito lavoratore, anzi si ritiene uno un po’ indolente. Non si avventura nella giungla della musica leggera, gli piace il calduccio della sua casa.
Ma rileggete l’ultimo capoverso, sembra proprio l’immagine del gatto. Somiglia tanto, Luigi Tenco ad un gatto ed anche il gatto, come lui, ride sornione perché un po’ gli somiglia.
1 commento:
meraviglioso articolo che smonta gran parte degli stereotipi che son stati cuciti addosso a Luigi. La grande genialità di chi non ha mai accettato le provocazioni dei giornalisti premurandosi di smentire ciò che di falso avevano scritto sul suo conto. Aveva capito che tanto avrebbero tracciato un ritratto falso e che era meglio impiegare profiquamente il suo tempo piuttosto che sprecarlo a smentire falsità scritte da chi non lo avrebbe mai realmente conosciuto :)
Posta un commento